Cari lettori,
molti sono i personaggi che hanno influenzato la storia dell’umanità, ma vi siete mai chiesti come sia stata la loro vita, quali difficoltà abbiano dovuto affrontare o quali siano state le loro più grandi gioie e soddisfazioni? Noi proviamo a rispondere a queste domande attraverso il lavoro degli studenti di 2C che, guidati dalla Professoressa Valentina Orlando, si sono cimentati nella stesura di alcune biografie. Per chi non lo sapesse, la biografia è il racconto della vita di una persona, degli eventi più significativi della sua esistenza.
Dunque, lasciatevi sorprendere dalle storie qui di seguito e immergetevi nelle vite straordinarie di Frida Kahlo, Neil Armstrong, Malala Yousafzai e della principessa Sissi.
di Daisy Zorzetto e Teresa Giacchetto

FRIDA KAHLO, scritto da Rebecca Capiotto
Il 6 luglio 1907 nacque a Coyoacàn, Magdalena Carmen Frida Kahlo, conosciuta da tutti come Frida Kahlo.
Frida visse in una famiglia numerosa, infatti fu la terza di cinque fratelli.
Fin da piccola soffrì di poliomielite, curata da amici e parenti in modo sbagliato a causa delle errate conoscenze mediche del tempo. Nonostante ciò,trascorse un’infanzia normalissima, andò a scuola, praticò diversi sport, come il nuoto, il calcio, la corsa, addirittura il wrestling! Purtroppo, il vero problema della sua vita arrivò dopo, nell’ adolescenza.
Era il 17 settembre del 1925 e Frida si stava preparando per andare a scuola,come faceva tutte le mattine, dopo una colazioneabbondante, si era vestita, lavata e, zaino in spalle, era pronta per partire.
Poiché lo faceva da anni ed era ormai maggiorenne prese l’autobus con tutta tranquillità. Scendeva sempre alla stessa fermata, quella più vicino alla scuola in modo da fare solo dieci minuti a piedi per arrivare. Ormai pomeriggio e frequentate tutte le lezioni, uscì con le sue amiche per riprendere il bus.
Non sapeva cosa sarebbe successo dopo… Erano ormai a metà strada e le tre amiche, sedute vicine, si stavano raccontando come fosse andata la giornata, quando un tram a tutta velocità andò a sbattere contro il loro bus, e lo trascinò fino a farlo schiantare contro il muro lì accanto.
Da qui la vita di Frida Kahlo cambiò. Venne ricoverata in ospedaleche divenne la sua casa per diversi anni.
Durante i lunghi mesi di ricovero, la noia si faceva sentire, quindi i suoi genitori decisero di regalarle un set di pennelli e colori per dipingere, in modo tale che lo usasse come passatempo, poi le regalarono anche uno specchio che appesero al soffitto in modo tale che potesse farsi degli autoritratti. Passando tutto il tempo che aveva a dipingere, le si accese una grande passione, più forte di lei, della sua malattia e del dolore fisico che provava. E da qui Frida Kahlo divenne la donna forte e innovativa che tutti conosciamo, rivoluzionando il mondo con la sua arte.
NEIL ARMSTRONG, scritto da Esther Luna Facco
Siamo nel 1969, alla stazione spaziale Americana NASA. Tutto è pronto per il lancio. Tra pochi minuti ci sarà il grande momento. Gli americani saranno le prime persone al mondo a spedire nello spazio un’enorme navicella che atterrerà sulla Luna, sarà un lancio che entrerà nella storia.
Tre astronauti verranno sparati fuori dall’ atmosfera e viaggeranno per migliaia di chilometri verso la Luna, dove raccoglieranno campioni e faranno analisi. Neil Armstrong pensa a tutto questo mentre, imprigionato nella scomoda tuta, viene collocato dentro la minuscola capsula insieme ai suoi compagni. Nato a Wapakoneta, è vissuto in Ohio insieme ai genitori Stephen Armstrong e Violet Engel. Insieme ai suoi fratelli June e Dan si è trasferito almeno una ventina di volte a causa del lavoro dei suoi. Neil pensò a quando era tenente in Corea. A tutte quelle persone spaventate dalla guerra e, forse, alcune, lo stavano guardando in questo momento attraverso il televisore. Ripensò ai suoi amici, quando ancora studiava aeronautica. Ripensò alle vittorie della marina militare, e alle sconfitte. Il filo dei suoi pensieri, però, fu interrotto da una sirena lampeggiante, e una voce metallica annunciò che mancavano cinque secondi al lancio. Neil si sistemò bene il casco e controllò che fosse tutto regolare. Due secondi. Ecco, era pronto, sentiva tutto intorno a sé il rombo dei motori in accensione. Un secondo. Chissà se sarebbe riuscito a portarsi a casa una pietra lunare. Zero secondi. Era giunto il momento. Si sentì sparare in aria, e con la testa che scoppiava per via della pressione, si sentì schiacciare contro il sedile, mentre strati di atmosfera se ne andavano alle sue spalle. Si sentì scosso da tutte le parti finché, velocemente come era iniziato, finì. Neil si guardò intorno. Si ritrovò nel buio assoluto, nero come la pece, e in lontananza, maestosa, la vide. La Luna da vicino era ancora più imponente. Una voce ruppe il silenzio. Houston si congratulava per la riuscita dell’operazione. Neil si riscosse e si mise a controllare i monitor. Si sentì molto leggero, e si cullò col ronzio dei motori. Tra pochi giorni, finita l’orbita intono alla terra, si sarebbero diretti verso la Luna.
Finalmente, il 9 luglio erano pronti per fare l’allunaggio. Neil, quando atterrarono, si vestì e guardò fuori. Lui sarebbe sceso per primo. Ripensò a molti anni prima quando guardava il cielo e sognava di essere lassù. Ancora un passo e sarebbe stato il primo uomo sulla Luna. Voleva rendere storico questo momento. Gli venne in mente una frase che sarebbe entrata nella storia. Prese la bandiera americana, camminò sulla superficie della Luna, tanto maestosa quanto gli anni di storia che la circondavano. Piantò la bandiera, in un momento solenne che sarebbe stato ricordato dal mondo, e disse: “Questo è un piccolo passo per l’uomo, ma un grande passo per l’umanità”.
MALALA YOUSAFZAI, scritto da Bianca Lorenzon
Penso che un po’ tutti conoscano Malala Yousafzai, la ragazza con una grande voglia di studiare e di andare a scuola ma alla quale non era concesso, perché donna.
Malala Yousafzai nasce il 12 luglio 1997, a Mingora, in Pakistan.
Lei andava a scuola come una normale ragazza, fino a quando non arrivarono i terroristi che impedirono a bambine, ragazze e giovani donne di frequentare la scuola.
Molte ragazze non accettavano questa imposizione, tuttavia i genitori preferirono tenerle a casa, per non rischiare.
Malala non era una di loro, infatti continuò ad andare a scuola.
Lei teneva un blog, in cui un giorno scrisse che trovava ingiusto che le donne non potessero frequentare la scuola; il suo blog venne notato da una giornalista che ne parò in televisione e intervistò Malala che ebbe il coraggio di dichiarare: “l’istruzione è potere per le donne, i talebani stanno chiudendo le scuole femminili, perché non vogliono che le donne abbiano potere”.
Il 9 ottobre 2012, a quattordici anni, mentre era sullo scuolabus che la portava a casa, un talebano, di nome Ehsanullah Ehsan, fermò lo scuolabus su cui erano Malala e le sue amiche, salì e chiese: “Chi di voi è Malala?”. Tutte le sue amiche si girarono a guardarla, il talebano, capì, e le sparò. Nell’attentato vennero colpite anche sue due amiche, Zolanda e Ambrin. Malala venne subito portata all’ ospedale militare di Peshawar, dove procedettero alla rimozione chirurgica dei proiettili: riuscì a sopravvivere all’intervento. Successivamente venne trasferita nell’ospedale di Birmingham, che si offrì di curarla; durante il suo ricovero ricevette tantissime lettere e regali di guarigione da bambini da ogni parte del mondo.
Malala, dopo l’intervento, continuò a frequentare la scuola normalmente.
Il portavoce dei talebani in televisione disse che siccome Malala era sopravvissuta all’intervento, sarebbe stata oggetto di altri attentati.
Malala nel suo discorso all’O.N.U. nel 2012 disse: “Pensavano di farci tacere con i proiettili, invece dal silenzio sono spuntate migliaia di voci”.
Due anni dopo, nel 2014, a soli diciassette anni, vinse il premio Nobel per la pace, diventando la più giovane persona a ricevere questo premio.
Adesso vive a Birmingham con il suo compagno.
“Un bambino, un insegnante, un libro e una penna possono cambiare il mondo”. Queste sono le parole di Malala, che adesso è un’attivista per la pace e per i diritti della gente.
IL VIAGGIO DECISIVO, scritto da Noemi Gasparini
Forse non tutti sanno che la principessa Sissi non si chiamava Sissi e, in più, odiava essere chiamata così.
Il suo vero nome era Elisabetta Amalia Eugenia di Wittelsbach e nacque il 24 dicembre del 1837 a Monaco di Baviera, quarta dei dieci figli dell’Arciduca di Baviera Massimiliano e di Ludovica di Baviera, sorella della madre di Francesco Giuseppe, imperatore d’Austria, a cui Sissi fu data in sposa a soli diciassette anni.
Fin dai primi tempi del matrimonio con Francesco Giuseppe, Elisabetta e sua suocera, Sofia, non andarono d’accordo, perché Sofia era incaricata di farle imparare come si diventa un’imperatrice e le imponeva rigide regole che la giovane faticava a seguire.
Un giorno, dopo aver litigato con la suocera Sofia, Sissi prese la sua carrozza e i suoi servi più fidati per andare al castello di Miramare, presso Trieste, fuggendo dalla residenza estiva dei reali austriaci, Schönbrunn.
Quando arrivò a Trieste si era già fatto buio, e quindi Sissi decise che solo la mattina successiva avrebbe preso una nave che l’avrebbe portata alla sua amata villa: l’Achilleon, a Corfù, un’isola dello Ionio, lontano da quell’inferno di cui era imperatrice.
Erano solo le nove del mattino quando il capitano della nave le mandò a dire che erano quasi giunti al Regno delle due Sicilie e che per pranzo sarebbero arrivati a Corfù. Alla notizia Sissi emise un sospiro di sollievo e si sentì libera, aveva già dimenticato che quella mattina non aveva pettinato i suoi bellissimi capelli (cosa importantissima per lei) a cui dedicava ore e ore di spazzolamento e cure. Le venne in mente, invece, sua suocera Sofia, e con lei l’etichetta di corte. Le odiava a morte, tutte e due. L’avevano tolta da una vita perfetta: una vita libera, dove in ogni momento lei aveva il permesso di andare a cavallo e fare lunghe passeggiate per le infinite campagne che circondavano la residenza di famiglia in Baviera, e poi andare a caccia con suo padre e praticare tantissime altre attività che ora le erano negate. Non fece neanche in tempo a finire di ricordare la sua vita a corte che vide in lontananza Corfù, era arrivata, e aveva il presentimento che sarebbe rimasta lì a lungo.